tag:blogger.com,1999:blog-3150363453865138340.post7742762291903259260..comments2020-07-22T14:54:37.061+02:00Comments on meltemiblog: Dovrebbero bastare i libri?Unknownnoreply@blogger.comBlogger6125tag:blogger.com,1999:blog-3150363453865138340.post-43967715758555146012008-04-03T10:27:00.000+02:002008-04-03T10:27:00.000+02:00il mezzo come messaggio, parafrasando qualcuno. I ...il mezzo come messaggio, parafrasando qualcuno. I personal media stanno plasmando una nuova consapevolezza della conoscenza e dell'informazione. Ormai da tempo si è compresa l’importanza di implementare diverse soluzioni sinergiche e diverse strategie per comunicare la propria struttura "aziendale", la propria mission, gli obiettivi e le ricerche in atto.<BR/>Dai contenuti mediali, le persone ricavano non solo risorse conoscitive su una serie sterminata di eventi, ma anche modelli di ruolo e stili di comportamento per fronteggiare le più diverse situazioni della loro vita quotidiana. Un blog rivoluziona l'apparato comunicativo eliminando la verticalizzazione, ma richiedendo una costanza che un sito non implica. Il blog è un essere che non vive di vita propria, si nutre di post aggiornati e commenti ai quali si dia continua linfa.<BR/><BR/>Una bella sfida...in bocca al lupo!<BR/>RobertaAnonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3150363453865138340.post-92041672297391315222008-03-21T18:36:00.000+01:002008-03-21T18:36:00.000+01:00Il blog è molto importante e anche tanto figo. Per...Il blog è molto importante e anche tanto figo. Però se non è serio e argomentato non dice niente dopo un po'e si spegne da solo. Dovrete avere costanza e non pensate ad una regolare periodicità,es.ogni 2 giorni fissi,scrivete quando avete q.cosa da dire sennò fate a meno. E dimostratevi sempre interessanti in ciò che vorrete comunicare.Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3150363453865138340.post-67276810768240178062008-03-19T18:11:00.000+01:002008-03-19T18:11:00.000+01:00I temi discussi sono tutti interessanti, per quant...I temi discussi sono tutti interessanti, per quanto magari, per ora, solo<BR/>accennati e da sviluppare.<BR/>Da osservatore esterno (non lavoro nell'editoria, ho collaborato con<BR/>qualche casa editrice con schede di lettura o traduzioni) posso dire che<BR/>credo il problema non stia nella quantità di libri proposti e quindi<BR/>tantomeno nelle ipotetiche potenzialità di un marchio-consorzio di editori<BR/>"gold" che microfiltri le eccellenze da pubblicare. In questo pensiero (non<BR/>me ne voglia nessuno) leggo ancora un po' di quell'"elitismo civilizzatore"<BR/>che ha contraddistinto per tanto tempo le sinistre europee.<BR/>Certo quello dell'editore è un mestiere difficile, strano, a metà tra<BR/>artigianato e industria. Oggi però il web sta cambiando molte logiche, e<BR/>probabilmente anche quelle dell'editore. Non è il caso di approfondire qui,<BR/>anche perché Meltemi stessa ha nel suo catalogo molte pubblicazioni che<BR/>lambiscono questi temi ed è stata tra i primi a sperimentare Google Books.<BR/>Il fatto, e lo lancio più come spunto che come provocazione, è che forse a<BR/>volte perdiamo troppo tempo a pensare al lavoro dell'editore "a monte",<BR/>mentre lì fuori, "a valle", per tutti i settori merceologici (sì,<BR/>"merceologici", perché per quanto sui generis il libro, così come il film,<BR/>la notizia, la canzone è una merce) c'è in atto una rivoluzione nei<BR/>meccanismi di distribuzione e fruizione. E' qui che talvolta dovremo<BR/>concentrare i nostri sforzi di riflessione. Qui avvengono le dinamiche che<BR/>condizionano anche il lavoro "a monte". Ma forse è proprio questa<BR/>configurazione piramidale con un monte e una valle che non va più bene, che<BR/>non regge (qualcuno direbbe che oggi "il mondo è piatto"). Sicuramente nel<BR/>futuro continueranno ad esistere grossi (non grandi) editori e editori<BR/>snelli. Magari quelli grossi si trasformeranno in agenzie di eventi per<BR/>conto di autori strafamosi, le star di domani. Ma rimane la possibilità di<BR/>portare avanti un mestiere doppiamente coinvolto in una sfida tra contenuti<BR/>e mezzi.<BR/>Forse questa è una fase di passaggio (nessuna condizione è per sempre,<BR/>tantomeno quella dell'editoria attuale), il libro forse sta iniziando ad<BR/>affrancarsi dalla sua condizione di feticcio culturale (in Italia questo<BR/>fatto è fuor di dubbio, altrimenti non si spiega il successo incredibile<BR/>dei libri allegati ai giornali) e maturare verso la condizione di "merce<BR/>con determinate caratteristiche e requisiti". Magari mi sbaglio, e<BR/>diventerà ancor più feticcio... chi può dirlo? Forse entrambi gli scenari<BR/>coabiteranno.<BR/>Mi rendo conto di aver buttato tanta carne al fuoco, forse in modo poco<BR/>organico, ma credo che tutti questi discorsi c'entrino con l'intervento<BR/>inaugurale di questo blog che, a mio modo di sentire, lasciava trasparire<BR/>questo senso di disagio (o forse solo di cambiamento).<BR/>Buon proseguimento e un caro saluto a tutti!<BR/>Alberto CellottoAnonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3150363453865138340.post-64276149192332042692008-03-18T12:53:00.000+01:002008-03-18T12:53:00.000+01:00per ora solo questo: auguri a tutta la meltemi!per ora solo questo: auguri a tutta la meltemi!Patrizia Calefatohttps://www.blogger.com/profile/11529839078945848552noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3150363453865138340.post-51042424568053938732008-03-18T11:40:00.000+01:002008-03-18T11:40:00.000+01:00Caro Piero,d’accordissimo con te che in Italia pro...Caro Piero,<BR/>d’accordissimo con te che in Italia produciamo troppi libri, soprattutto per colpa di un sistema accademico-baronale che spinge i professori o gli aspiranti tali a cercare di pubblicare qualsiasi cosa per farsi largo al suo interno, ignorando le esigenze di un pur largo pubblico di lettori che chiede stimoli e intelligenza e non pseudocultura stantia, interessata solo ai giudizi di chi detta legge nell’università italiana. Il risultato è un perverso autoreferenzialismo: migliaia di titoli che leggono in pochissimi o spesso i soli studenti costretti a farlo, che dopo una settimana hanno già dimenticato tutto. Dubito che un marchio “gold” di qualità possa essere un’idea praticabile, sebbene buona: i piccoli editori italiani di saggistica vivono di adozioni, fondi e finanziamenti, e non avrebbero mai la forza di operare una differenziazione tra libri con e libri senza il marchio. Una riflessione: gli editori si lamentano dei troppi libri in commercio ma sono obbligati ad alimentare la spirale per sopravvivere. Colpa solo loro o anche di un sistema che premia la quantità e non la qualità? Il risultato è comunque un’inondazione di editoria spazzatura che vuole sommergere le nostre intelligenze. Sono piuttosto pessimista ma continuo ad auspicare il silenzio di chi ha poco da dire e l’avvento di teste intelligenti e coraggiose che si ribellino alla dittatura dell’università e del sistema culturale italiano e che mettano in circolazione idee attraverso il lavoro dell’editoria indipendente. Tanti meno libri, ma molti più pensieri.<BR/>Gabriella CapeceAnonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3150363453865138340.post-3688109263984960402008-03-17T17:30:00.000+01:002008-03-17T17:30:00.000+01:00Cara Luisa, hai messo il dito nella piaga e ti dò ...Cara Luisa, hai messo il dito nella piaga e ti dò il benvenuto nella blogosfera, spero di essere il primo e capisci la ragione.<BR/>Io credo che di libri se ne pubblichino troppi, in giro per il mondo in generale, ma in italia del tutto particolarmente. Soprattutto e paradossalmente nella saggistica, che poi è quella che non si legge, o comunque si legge assai meno della narrativa. Le ragioni le sai meglio di me dato che fai sto lavoro da (boh?) quattordici anni circa. Il problema è che gli autori italiani di cui ti occupi spesso vedono il libro come una rogna necessaria per ragioni concorsuali, ma non hanno lo spessore intellettuale per produrne di decenti e voi editori piccoli (e medi) non avete gli strumenti contrattuali per negoziare l'ingresso nelle sacre sfere della casa editrice, dovendo limare la vostra coscienza a forza di bilanci sempre precari. So di spararla grossa dicendo che molti autori non sono semplicemente all'altezza di pubblicare libri ma sono costretti a farlo se vogliono fare carriera, ma so anche (avendo lavorato al tuo fianco per due anni, e poi avendo comunque continuato a lavorare nell'editoria di saggistica) che quel che dico è verol. Ci vorrebbe un consorzio tra piccoli che unissero le forze per produrre un marchio "gold" o qualcosa che permettesse ai lettori di orientarsi un poco. Un marchio che garantisse che il libro, come il latte di "alta qualità" è stato microfiltrato in casa editrice, se ne è valutato l'effettivo valore scientifico e intellettuale e non si sono pubblicate cose solo perché garantite dall'adozione o, peggio che mai (ma non sto parlando di voi meltemiani, sai a chi mi riferisco) pagate coi fondi di ricerca un tanto a segnatura da dipartimenti inariditi che non hanno nulla da dire.<BR/>Credo che questo marchio di qualità sarebbe qualcosa si utile per noi lettori, e forse anche a voi editori porterebbe un tornaconto. Un abbraccio fortissimo a te e tutta la MeltemiPiero Verenihttps://www.blogger.com/profile/10030761787268913215noreply@blogger.com