lunedì 17 marzo 2008

Dovrebbero bastare i libri?

Dovrebbe essere sufficiente, per comprendere la politica editoriale di una casa editrice, poter sfogliare il suo catalogo, maneggiare i libri pubblicati nel corso degli anni, valutare la scelta di autori e curatori. Per farci un’idea di quanto il lavoro di un editore corrisponda alle nostre attese, dovrebbe essere importante verificare la frequenza e qualità delle traduzioni, la cura editoriale dei testi e l’organizzazione del catalogo (quante e quali collane, se sono più o meno efficaci all’orientamento delle nostre scelte di lettura).
Fino a qualche tempo fa questo era possibile, oltre che verosimile: le librerie erano luoghi dove si rendevano intelligibili ricerche e percorsi e dove il tempo non assumeva solo il volto della velocità ma anche quello della riflessione. Molte case editrici investivano energie e risorse preziose per comunicare ai lettori l’impianto del proprio catalogo, l’impegno in estese operazioni di recupero di opere inedite, l’avvio di sistematiche raccolte organizzate per tema o per autore. Tutto ciò era certamente segnato anche da un’impronta, elitaria e ideologica, che estrometteva una parte importante della produzione culturale dai circuiti riconosciuti come autorevoli sedi di legittimazione, ma gli anticorpi agivano e riuscivano spesso a produrre conflitti creativi e feconde contaminazioni.
Lo scenario nel quale operiamo oggi, oltre a non aver rimosso il carattere angusto di cui sopra (magari travestendolo nel falso contrario di chi vuol assecondare i gusti popolari) non consente pause e ostacola, quando non rende impossibile, tale modalità di accesso alla produzione editoriale: pubblichiamo tanti (troppi?) libri che, quando faticosamente vi giungono, rimangono sugli scaffali delle librerie per un tempo progressivamente minore, la visibilità è garantita quasi solo alle pile delle ultime novità di maggiore attrazione, la saggistica sempre più spesso schiacciata sull’attualità dell’ultimo istante.
Ma non intendo trasformare questa sede nell’ennesimo muro del pianto (c’è poi ben altro di cui piangere, in questo mondo); vorrei al contrario che questo possa divenire un luogo dove condividere (almeno con una parte di voi, quelle 700 persone che quotidianamente entrano nel sito della casa editrice) le cose buone e utili che orgogliosamente rivendichiamo come tratti caratteristici del nostro lavoro, sottoponendole a critica e verifica.
Il blog, in questo senso, rappresenta un rischio: ce la faremo? Riuscirà a imporsi sullo scetticismo evitando di scivolare nel silenzio? Potrà davvero interessare e stimolare una proficua partecipazione? Ne saremo sopraffatti, o scompigliate nelle nostre opinioni? Sono rischi che abbiamo deciso di correre, un po’ perché non abbiamo molte alternative per parlare tra noi, un po’ perché pensiamo che la specialità della comunicazione, in un luogo come questo, agevoli scontri e confronti, scambi e conflitti che ci esercitino alle pratiche del riconoscimento delle ragioni altrui e della negoziazione di obiettivi condivisi.

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Ci proviamo anche noi, ma contiamo sulla vostra collaborazione perché attraverso questo luogo circolino critiche, suggerimenti, idee e materiali buoni per voi e per noi.
Abbiamo scelto di iniziare utilizzando un contenitore base inserito in un noto sito di blog: lo modificheremo e amplieremo, adattandolo alle esigenze che emergeranno grazie alle nostre comunicazioni e ai contenuti che dovremo organizzare. L’archivio tematico crescerà insieme ai post e agli argomenti rilevanti per ciascuna e ciascuno di noi, così come i link nella colonna di destra sono solo un primo elenco di siti e blog a vario titolo connessi con le nostre attività.
Io scriverò quando potrò (cioè non molto; quindi, per favore, datevi da fare), e vorrei limitare i miei post alle faccende che conosco meglio (editoria, annessi e connessi), perciò ho iniziato da qui.

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Meltemi Editore 2009