venerdì 3 luglio 2009

In Piazza del Popolo la bulimia dei gazebo

[di Renato Nicolini, da la Repubblica, 30.6.2009]

Non sono andato a Piazza del Popolo per la festa ACEA, ma le foto che ho visto mi sembrano sufficienti per parlare almeno di cattivo gusto. Ignoravo vi fossero stati prima, nel solo mese di giugno, i “Mediaset days” del digitale terrestre e le selezioni del Grande Fratello. Non sarà il MinCulPop (ripudiato dall’assessore Croppi senza capire la provocazione di Pettarin che lo invitava “a fare qualcosa” anche se quel qualcosa fosse di destra), ma certo c’è un orientamento prevalente, che non si concilia con la caratteristica fondamentale dello spazio pubblico, non essere cosa privata. “La casa era nu poco tutta la città”, scriveva bene Eduardo De Filippo. La cosa peggiore è che questa resa non ha nemmeno bisogno dell’assessorato di piazza Campitelli per manifestarsi. E’ una tendenza che appare spontanea ed inarrestabile. Che i decibel tendano a superare i limiti previsti dalla legge, posso testimoniarlo da un’altra parte di Roma, quella in cui vivo. Nella zona di Porta Portese i disagi per i residenti vanno ben oltre il mercato domenicale.

Oltre ad un’intensa attività edilizia (almeno tre cantieri aperti in duecento metri), nelle antiche mura si aprono discoteche, e la “4:20” sulla via Portuense, dove un tempo c’era “La Fede”, mitica cantina teatrale di Giancarlo Nanni, sparava alta i suoi suoni nella notte del 20 giugno, per festeggiare oltre le due del mattino l’arrivo dell’estate . Questa si apre male, perché senza idee. Fa sicuramente tenerezza che da piazza Campitelli si guardi indietro fino allo sbarco sulla Luna di 40 anni fa, ma forse c’erano anche altri anniversari, più legati a Roma, che sono invece stati ignorati: i trent’anni del Festival dei Poeti di Castelporziano e di Parco Centrale. Ma Roma non ha bisogno di amarcord, quanto di interventi sul brutto momento che vive oggi. Molti guai su cui la cultura potrebbe agire con la sua forza simbolica. Il degrado del centro di Roma si arresterà solo intervenendo sulle cause dell’espulsione da questa parte della città degli artigiani e delle attività qualificate, qualcosa che giorno per giorno lo sta trasformando in una zona senza qualità, un gigantesco shopping mall durante il giorno, un immenso ristorante bar a cielo aperto la notte. Perché non proporre qualcosa che aiuti a promuoverne la conoscenza stratigrafica, saperla leggere dalle tante prospettive storiche che ha incorporato? Sigmund Freud a Roma si emozionava davanti ai tanti tempi storici che leggeva contemporaneamente nei suoi luoghi. Magari partendo dal Teatro di Pompeo, dal luogo cioè in cui oggi sembra nascere il degrado dell’uso della città, Campo de’ Fiori. I Sindaci Argan e Petroselli avevano inserito l’estate romana – che faceva crescere il senso di appartenenza comune alla stessa città - in una politica di riequilibrio delle differenze tra centro e periferia. Si potrebbe ragionare sui luoghi degli eventi estivi partendo dal cambiamento che in trent’anni si è prodotto, non replicando stancamente vecchi schemi. Il Quarticciolo, il Pigneto, parco Alessandrino, il Lungomare di Ostia e tante altre “parti di città”, possono anch’essi – oggi – manifestarsi come luoghi di Roma, non solo “periferia”? Infine, Roma è una città che appartiene al mondo intero. Quale progetto guarda in quella direzione?

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Meltemi Editore 2009