giovedì 25 giugno 2009

La condanna dell'Estate Romana. Corsera vs Croppi

[di Massimo Iacobelli]

Annunciati dagli “strilli” dei giornali, tornano anche quest’anno gli eventi dell’Estate Romana, un palinsesto di attività culturali, alcune delle quali diventate appuntamenti fissi per turisti e autoctoni.
Nata 32 anni or sono, l’Estate Romana portò la Capitale ai livelli delle altre città europee per quanto riguarda la ricchezza della proposta culturale e d’intrattenimento.
Cosa c’è di nuovo in questa edizione?
Prendendo in esame le graduatorie dei vincitori del bando di finanziamento comunale per gli spettacoli e i festival, sembrerebbe nulla.
Programmazioni differenti per i contenitori di sempre: dalla proiezione di dvd sulla terrazza del Belvedere all’Isola del cinema, dal Cineporto al Gay Village, e poi i comici in piazza, il teatro sotto la quercia del Tasso, etc.
A rivedere il calendario di qualche anno fa, ai tempi di Veltroni o di Rutelli, troveremmo poche sparute differenze.
A conti fatti, l’Estate Romana, contro la quale si è scagliato il centrodestra nel pieno dell’ultima corsa elettorale per la guida del Campidoglio, non è stravolta né rinnovata dalla nuova amministrazione guidata da Alemanno, e resta per molti una condanna dalla quale sembra difficile liberarsi.

Sui dorsi romani del Corriere della Sera Andrea Garibaldi, mettendo in rilievo la ricchezza della proposta di quest’anno, pone comunque il problema della mancanza di un segno, di un evento che metta in luce “un’interpretazione del mondo” che distingua il nuovo corso capitolino. E l’assessore Umberto Croppi risponde, cauto sulle definizioni e a quanto pare offeso.
A seguire l’articolo di Andrea Garibaldi del 19 giugno 2009 e la risposta di Umberto Croppi pubblicata il giorno seguente sempre sul Corriere della Sera.

L'evento «di destra»
Estate romana in cerca di un segno

di Andrea Garibaldi
Corriere della Sera - Cronaca di Roma - 19 giugno 2009

Centocinquantaquattro manifestazioni, 650 eventi singoli, per una spesa complessiva record di 4 milioni e 700 mila euro. Ogni romano, ogni giorno o sera ha venti possibili scelte fra concerti, cinema, teatro, arte, letteratura. Anche quest' anno l' Estate Romana c' è, come avviene - con alti e bassi - da 32 anni. Sono state salvaguardate undici manifestazioni «storiche», dal jazz a Villa Celimontana ai comici al Colosseo, e poi concerti di Bruce Springsteen e Marco Carta e tante iniziative legate alla Luna, 40 anni dopo lo sbarco. Spettacoli raffinati e popolari, di massa e d' elite, secondo una tradizione copiata in tutto il mondo. Tuttavia... Resta il sapore di una mancanza. La mancanza di un graffio, di un segno, di una zampata della nuova maggioranza di destra che governa Roma da tredici mesi. Un evento simbolo, una rassegna, un percorso che svelino come dal Campidoglio si produca anche cultura e non solo intrattenimento, si tenti un' interpretazione del mondo, si sperimenti il nuovo. «Ci manca Massenzio», ha detto uno dei dirigenti dell' assessorato alla Cultura durante la presentazione dell' Estate Romana. E in effetti le maratone di cinema nella maestosa basilica furono il sigillo delle Estati di Nicolini, così come i concerti gratuiti a Villa Borghese o ai Fori furono l' impronta di Veltroni, che convocava in città i suoi miti generazionali, Paul Simon o Paul McCartney. C' erano delle visioni: l' uso popolare dei monumenti, l' epica del cinema, la musica per tutti, le periferie verso il centro... Il nuovo assessore Croppi, all' inizio di quest' anno, lanciò un appello ai romani e al mondo della cultura e dello spettacolo per chiedere idee proprio sull' Estate Romana. Giunsero stimoli vari. Renzo Arbore - per dire - parlò di riscoprire la romanità con Sordi o Manfredi, chiese un ritorno a via Veneto. Pietrangelo Buttafuoco lanciò la rivalutazione di artisti «esclusi dai salotti ufficiali». Invece, Francesco Pettarin, fondatore di Massenzio, provocò: «Croppi abbia il coraggio di proporre un evento "da destra" con caratteristiche di internazionalità e di qualità». Aspettiamo la prossima Estate?

L'intervento
Il MinCulPop non abita qui

di Umberto Croppi, Assessore alle Politiche Culturali del Comune di Roma
Corriere della Sera - Cronaca di Roma - 20 giugno 2009

Non sono un esperto di topografia e la comprensione della dislocazione delle azioni sull' asse destra-sinistra mi risulta spesso difficile. Così capisco poco il senso dell' articolo di Andrea Garibaldi sul Corriere di oggi, nel quale dice che si sarebbe aspettato un «segno», un «evento di destra» nel programma dell' estate romana. Per spiegare fa l' esempio del Massenzio di Nicolini, la rassegna cinematografica nata trentadue anni orsono e autoestintasi ormai da un po' . Fu un' importante innovazione ma non si capisce quale segno abbia rappresentato, certamente non un segno di sinistra. Di sinistra era la collocazione politica del suo ideatore, non le sue forme e contenuti: i due eventi più importanti furono l' imponente trasposizione cinematografica operata da Syberberg del wagneriano Parsifal e il mastodontico Napoleon di Abel Gance. Garibaldi sembra riproporre un ritornello lanciato a pochi mesi dall' insediamento della Giunta: non si vede il progetto. Come se l' affastellarsi di eventi e creature culturali del decennio precedente facessero intravedere - sia pure a posteriori - una qualsiasi architettura. Ora, ai suoi antipodi, Stefano Crippa, sul Manifesto di due giorni fa, paventa un' «estate tradizional popolare» in cui «romanità» e «tradizione» la fanno da padrone. A chi dare ragione? A nessuno dei due. Quello che stiamo tentando di fare, con qualche successo, è rimettere ordine, migliorare l' offerta ma, soprattutto, far crescere il livello e le possibilità di partecipazione degli operatori e dei cittadini, nonché riportare la Città nei circuiti internazionali della cultura e dell' arte. Cioè stiamo facendo ciò che è richiesto a chi ha responsabilità di governo. Se il segno che Garibaldi si aspetta è quello della linea politica di guareschiana memoria, se crede che a piazza Campitelli si sia insediato il MinCulPop, quel segnale da me lo aspetterà invano.

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